🎶 Non Basta Essere Bravi: Intervista a Massimo Bonelli - #86
Dai consigli per iniziare subito ai limiti del fai-da-te: cosa deve sapere un musicista indipendente.
Leo mi manda la foto di un libro e scrive:
Hanno appena intervistato l’autore su Radio Deejay, dovevi farlo tu.
Il libro è Play: Tutto quello che c'è da sapere sulla musica attuale. Gli artisti, l'industria, le tecnologie. L’autore è Massimo Bonelli.
Così, grazie a quella segnalazione, l’ho contattato. Ed è da lì che nasce questa intervista.
Mi fanno sempre sorridere queste dritte: agenti segreti anonimi che compaiono all’improvviso e ti bacchettano con affetto.
Eh eh, Fabri, stavolta ti sei fatto scappare qualcosa!
E alla fine ti senti parte di una rete che osserva, studia, condivide. Un piccolo gruppo che prova a capire come funziona la musica oggi.
Play è uscito a marzo. È un libro dentro il presente (e il futuro) dell’industria musicale.
Massimo è direttore artistico del Concerto del Primo Maggio di Roma dal 2015. Produce format per Rai 1 e Rai 2, e lavora ogni giorno con artisti emergenti e affermati.
Scopri di più su massimobonelli.it
In questa intervista:
Cosa serve davvero per emergere?
Cosa rischi se fai tutto da solo?
Quali sono i primi passi per partire col piede giusto?
Spero che ti dia spunti utili per il tuo percorso.
Fabrizio
🕓 Tempo di Lettura: 9 Minuti | 📂 Archivio Newsletter

Intervista a Massimo Bonelli
Autore di Play
1. Chi Comanda Davvero Oggi: Algoritmi, Curatori o il Pubblico?
Fabrizio Pucci: Nel libro parli di "gatekeeper digitali". Intendi algoritmi, playlist, curatori, piattaforme? Ma oggi, per un musicista indipendente, chi comanda davvero? Chi decide se puoi emergere o restare invisibile?
Massimo Bonelli:
Io continuo a credere che, in fondo, tutto si riconduca alla forza e all’urgenza di ciò che un artista ha da dire. So che può sembrare una visione romantica – e forse lo è – ma resto convinto che la tecnologia, per quanto oggi sia più pervasiva e sofisticata, resti pur sempre uno strumento. Uno strumento nelle nostre mani.
Se un artista ha davvero qualcosa di autentico, di nuovo, qualcosa che vibra, prima o poi quel messaggio troverà la sua strada. Magari non subito, magari non nel modo più diretto, ma arriverà. Anche se oggi l’accesso al pubblico è filtrato da una nuova schiera di “gatekeeper digitali”: algoritmi, curatori editoriali delle piattaforme, direttori artistici, e via dicendo. Una rete invisibile ma potentissima che ogni giorno plasma l’attenzione collettiva e decide, spesso senza accorgersene, cosa finisce sotto i riflettori e cosa resta nell’ombra.
Gli algoritmi non sono nemici, non sono cattivi. Semplicemente, rispondono a ciò che il pubblico segnala loro: tempo speso, condivisioni, reazioni, interazioni. Non è più (solo) un direttore artistico a decidere chi emerge. È un sistema ibrido, fatto di codice e persone, che si nutre dei segnali che tu riesci a generare intorno alla tua musica – e che, volente o nolente, riflette il comportamento del pubblico. Per questo oggi fare musica significa anche saper leggere il contesto in cui la tua musica si muove.
Quello che è certo è che non basta più “essere bravi”. Oggi devi essere rilevante, interessante, devi generare attenzione nel sistema. E questo sistema non guarda in faccia nessuno: o impari a usarlo… oppure rischi che sia lui a usare te.

2. Dove Cadono Più Spesso Gli Artisti Indipendenti
Fabrizio Pucci: Nel libro scrivi che oggi ogni artista “balla su una tavola tra due montagne”, riferendoti al bisogno di tenere insieme creatività e sostenibilità economica. Secondo te, dove cadono più spesso i musicisti indipendenti? Sbagliano nella musica, nella strategia o nel cercare di fare tutto da soli?
Massimo Bonelli:
La metafora della tavola sospesa tra due montagne – da un lato la creatività, dall’altro la sostenibilità economica – è un’immagine potente che il grande Lucio Dalla ha utilizzato in Balla balla ballerino, uno dei suoi brani capolavoro. È lì che ogni artista si muove in bilico, cercando di non cadere. Una danza faticosa, a tratti instabile, ma necessaria. Su quella tavola sottile e pericolosa l’artista gioca la sua partita in equilibrio tra ispirazione e concretezza, tra visione e gestione.
Molti, inevitabilmente, finiscono per cadere. Altri si bloccano, scoraggiati dalla complessità della sfida. E non perché siano meno talentuosi, anzi. Spesso accade perché non riescono ad accettare l’idea che, oggi più che mai, un artista debba essere al tempo stesso creatore e imprenditore. Deve supervisionare entrambi i mondi, cercando di tenerli in equilibrio senza permettere che uno prevalga sull’altro.
Scrivere musica, produrla, promuoverla, distribuire contenuti, comprendere le piattaforme, gestire una community… sono competenze diverse, che l’artista contemporaneo non può ignorare. Non deve necessariamente padroneggiarle tutte in prima persona, ma deve conoscerle, capirle, saperle coordinare.
L’errore più comune commesso dagli artisti emergenti, secondo me, sta nella mancanza di consapevolezza. Molti di essi entrano in questo mondo senza conoscere davvero le sue regole, le sue dinamiche. Si affidano a un’idea quasi fatalista: “la mia musica parlerà da sola”. Come se bastasse il talento a sfondare ogni porta, quando invece il talento – da solo – oggi è solo il punto di partenza.
Altri fanno l’errore opposto: si concentrano solo sulla strategia, sul marketing, sul cercare scorciatoie… e dimenticano di lavorare in profondità sulla materia prima: la musica. Perché sì, puoi anche “entrare” nel sistema forzando le porte. Ma per restarci, per lasciare il segno, serve che quello che fai abbia qualcosa di unico, di autentico, di realmente interessante. E questo – spesso – è proprio ciò che manca.
Lucio Dalla, Balla balla ballerino, 18 febbraio 2017 - (Durata: 5’:47”)
3. Lo Streaming Ci Ha Davvero Liberati?
Fabrizio Pucci: Lo streaming ci ha illusi: possiamo pubblicare ovunque, ma guadagniamo le briciole. Non è che l’industria ha solo cambiato faccia, e ora sfrutta chi sta fuori dalle major facendolo sentire "libero"?
Massimo Bonelli:
Lo streaming ha rivoluzionato il modo in cui la musica circola. Ha aperto spazi che prima erano impensabili, ha reso accessibile a tutti la possibilità di pubblicare, distribuire, farsi ascoltare. È uno strumento potente, e come tutti gli strumenti, non è né buono né cattivo: dipende da come lo usi… e da come impari a starci dentro.
Il rischio, semmai, è quello di confondere l’accessibilità con il risultato. Il fatto che oggi chiunque possa pubblicare un brano non significa che quel brano troverà ascolto, attenzione, o valore economico. L’abbondanza ha reso tutto più accessibile, ma anche più dispersivo. Più che visibili, rischiamo di essere intercambiabili.
In tanti si illudono che basti caricare un pezzo per essere “nel gioco”, ma la verità è che quello è solo l’inizio. Io sono convinto che lo streaming possa essere una grande opportunità se l'artista ci si approccia con una proposta forte, una visione chiara e un lavoro solido alle spalle. Non basta pubblicare, bisogna costruire progettualità, relazioni, continuità, contesto. Bisogna capire dove si sta andando e come strutturare il percorso tappa dopo tappa.
Lo streaming non è una trappola, è un terreno nuovo e in continua evoluzione. Un ecosistema in cui non vince chi urla più forte, ma chi costruisce relazioni durature nel tempo. E se impari a conoscerlo, puoi sfruttarlo per costruire qualcosa che prima non era possibile: un percorso libero, personale, diretto. Ma serve pazienza, consapevolezza e, soprattutto, qualità.


4. Fare Tutto Da Soli È Una Strada Possibile?
Fabrizio Pucci: Tu lavori con grandi artisti ed eventi. Ma secondo te il percorso DIY (do-it-yourself), cioè fare tutto da soli senza etichette, uffici stampa o manager, è davvero una strada percorribile? E chi non ha contatti o agganci... può davvero sperare di finire sul palco del Primo Maggio? O è un club chiuso, riservato a chi ha già le chiavi?
Massimo Bonelli:
Il percorso DIY – il famoso “do it yourself” – è affascinante, e oggi più che mai possibile. Ma attenzione: è possibile, non semplice. La retorica dell’artista che si fa tutto da solo è seducente, soprattutto all’inizio, ma raramente corrisponde alla realtà di chi poi riesce davvero ad affermarsi.
Fare tutto da soli significa essere musicista, produttore, social media manager, strategist, ufficio stampa, distributore… e in mezzo a tutto questo, trovare anche il tempo e lo spazio per coltivare la parte più importante: la tua arte. È uno sforzo enorme, e spesso poco sostenibile nel lungo periodo.
Detto questo, sì: oggi esistono percorsi alternativi, fuori dai circuiti classici, che possono portare anche molto lontano. Ma serve una visione lucida, e serve soprattutto un lavoro fatto con coerenza, nel tempo. Nessuno arriva sul palco del Primo Maggio per caso. Ci arriva chi ha costruito una traiettoria solida, chi ha saputo creare attenzione vera attorno al proprio progetto, chi ha messo insieme talento, determinazione e un minimo di strategia.
Non è un club chiuso, ma nemmeno una lotteria. E chi non ha contatti o “agganci” può comunque farcela, se lavora bene e riesce a costruire alleanze sane lungo la strada. Perché anche il DIY più puro, a un certo punto, ha bisogno di una squadra. Magari piccola, magari informale, ma ci vuole. Perché anche l’artista più indipendente ha bisogno, prima o poi, di confronto, di occhi esterni, di mani che aiutano a tenere insieme i pezzi.
L’indipendenza vera non è isolamento. È libertà di scelta. E la scelta più intelligente, a volte, è capire quando è il momento di non fare tutto da soli.


5. Hai Talento Ma Nessuna Strategia: Da Dove Cominciare?
Fabrizio Pucci: Nel libro parli di AI, NFT, algoritmi, Musica 5.0... Ma se avessi davanti un giovane musicista con talento ma nessuna strategia, quali sono le 3 cose che gli diresti di fare subito per non restare schiacciato dal futuro che avanza?
Massimo Bonelli:
Se avessi davanti un giovane artista con talento ma nessuna strategia, gli direi tre cose semplici, ma fondamentali.
Primo: inizia a costruire una narrazione attorno a te stesso. Non basta avere belle canzoni: oggi la musica è anche racconto, contesto, identità. Le persone si avvicinano a ciò che le rappresenta, a ciò che sentono vicino. Quindi chiediti: chi sei? Che cosa porti di diverso? Cosa vuoi far sentire – non solo con le note, ma con tutto ciò che le circonda?
Secondo: scegli con cura dove stare. Non serve essere su tutte le piattaforme. Serve essere presenti, con costanza e autenticità, dove puoi creare relazione. Che sia TikTok, Instagram, YouTube, Twitch o anche un gruppo Telegram… trova il canale giusto per te e coltivalo. Un follower che ti ascolta davvero vale più di mille visualizzazioni passive.
Terzo: non aspettare che qualcuno ti scopra. Oggi non funziona più così. Chi emerge è chi si mette in gioco, chi crea, chi sperimenta, chi sbaglia, chi pubblica anche quando non è perfetto. Non aspettare il momento “giusto”: il momento giusto è adesso.
La perfezione è spesso una scusa per rimandare. Inizia, sbaglia, correggi: il percorso si costruisce camminando.
La tecnologia non è un nemico. È una cassetta degli attrezzi. Sta a te decidere come usarla, cosa costruirci. Ma prima ancora degli strumenti, serve l’intenzione. Serve una direzione, un perché. È quello che ti guiderà anche nei momenti di fatica, quando i numeri non bastano più a motivarti.
Prima di Salutarti
Grazie a Massimo Bonelli per la disponibilità, la generosità e la chiarezza.
Se questa intervista ti ha dato almeno uno spunto utile, fammelo sapere. E se hai un libro, un artista o un progetto che secondo te dovrei approfondire, scrivimi.
Magari sei anche tu uno di quei miei "agenti segreti" che tengono d’occhio il mondo musicale… e mi danno dritte preziose.
Alla prossima.
Fabrizio
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